Primo figlio… nuova coppia

A cura della dott.ssa Lucia Di Nardo

rapporto-coppia

La nascita di un figlio rappresenta un grosso cambiamento nella vita di una persona e non solo. Anche se per una coppia è la cosa più naturale del mondo, costituisce un cambiamento di tale portata da richiedere una radicale modifica dei bisogni e delle aspettative, e proprio per questo il passaggio da coppia a famiglia può trovare degli ostacoli e può dividere anziché unire. Ciò che è certo è che la nascita della famiglia è un processo che avviene gradualmente, giorno dopo giorno e che per questo richiede attenzione, dedizione e tempo.

Il periodo di gestazione non termina con il parto, bensì questo rappresenta solo un giro di boa poiché l’altra metà si svolge al di fuori del grembo materno, possiamo infatti parlare un una prima gestazione nel grembo materno (uterogestazione) ed una seconda al di fuori di questo (esterogestazione). Inoltre il parto avvia a cascata nuovi processi di nascita come la nascita di una madre e la nascita della famiglia. Le emozioni che entrano in gioco sono molteplici ed è frequente passare da un umore all’altro molto velocemente o anche provare contemporaneamente emozioni che in apparenza sembrano inconciliabili (come gioia e tristezza).

a seguito di tutto questo possono manifestarsi sensazioni di fatica,  ansia ed umore depresso. Queste sono sensazioni del tutto normali conseguenti all’ondata emotiva che ha travolto i neo genitori. La routine della società porta i padri a dover rientrare presto a lavoro e questo fa si che vengano privati i due genitori della possibilità di esplorare appieno ed insieme la vasta gamma di nuovi sentimenti.

Nuovi equilibri

La nascita del primo figlio costituisce, quindi, la più forte crisi”transizionale” che la coppia attraversi nell’arco della vita. ora molto più che in passato, per una serie di molteplici ragioni, una tra tutte il fatto che l’evoluzione della nostra società ha previsto l’abbandono della struttura di famiglia che vedeva diverse generazioni convivere sotto lo stesso tetto, con tutte le conseguenti difficoltà di gestione del nuovo arrivato all’interno di una famiglia mononucleare. 

Questo cambiamento sociale ha portato con sé sicuramente anche aspetti positivi, vedi il rinnovato impegno paterno nella condivisione con la compagna del lieto evento, e la partecipazione spesso attiva del padre alla quotidianità della vita del bambino. Ciò non elimina il fatto che la nascita del primo figlio rappresenti un momento di cambiamento dirompente della vita della coppia, e sebbene negli ultimi anni si sia posta molta attenzione al post-partum, tale attenzione va comunque potenziata vista la delicatezza del periodo  nel quale si pongono le basi per il benessere futuro del bambino, della madre e dell’intera famiglia. 

divenire genitori inevitabilmente trasforma la relazione di coppia, esponendo i coniugi al rischio di perdersi di vista ed allontanarsi fisicamente ed emotivamente.

Fattori protettivi ed elementi di vulnerabilità

Tra i fattori che giocano un ruolo di influenza nel determinare una sensazione di insoddisfazione all’interno della coppia troviamo:

  • atteggiamenti negativi del compagno nei confronti dell puerpera (come gelosie più o meno manifeste nei confronti del rapporto simbiotico e del legame tra il bambino e la madre)
  • delusione del compagno nei confronti della relazione di coppia (può essere percepita come faticosa, non più ludica od erotica)
  • i partner possono percepire la loro vita relazionale come poco ordinata dopo la nascita del bambino.

ci sono poi fattori che rivestono un ruolo fondamentale di protezione per la coppia e tra questi troviamo:

  • la tenerezza dell’uomo verso la compagna, e non soltanto verso il bambino;
  • un’alta considerazione di lei e del valore della coppia;
  • la considerazione in cui lei tiene il compagno e la relazione di coppia.

Dobbiamo dunque essere consapevoli del cambiamento dell’assetto della coppia e delle sue dinamiche quando si diventa genitori in quanto questo rappresenta un passaggio che seppur naturale, se non affrontato in maniera consapevole può rivelarsi difficoltoso. Per far si che tale cambiamenti avvenga in maniera fisiologica occorre che la coppia riesca a ri-creare un nuovo spazio in cui poter condividere e confidare progetti, voglie, desideri che vanno al di là del ruolo genitoriale. E’ opportuno che l’uomo manifesti la tenerezza e l’entusiasmo nei confronti della propria partner e che questa a sua volta non costruisca un rapporto esclusivo  con il figlio in modo da mantenere riversare una parte delle sue attenzioni anche sul partner.

E’ dunque importante, come nella maggior parte dei casi quando si parla di coppia, utilizzare molto il dialogo aperto tra i partner. Avere un buon livello di comunicazione (che sia comunicazione efficace!) fa si che ci si senta maggiormente compresi dall’altro e che si giunga ad obiettivi condivisi tenendo conto delle esigenze di entrambi, inoltre facilita lo scambio emotivo.

Facendo attenzione ad alcuni spetti e vivendo questo momento con consapevolezza possiamo far si che l’energia del sistema coppia non si distrugga ma venga trasformata in una nuova forma.

 

Superare i sensi di colpa

A cura della Dott.ssa Lucia Di Nardo

senso di colpa

Il termine senso di colpa è un termine poco chiaro con il quale generalmente si va ad indicare un’emozione che può derivare da una molteplicità di situazioni molto differenti tra loro. Ciò sta a significare che vi sono vari substrati che si vanno a costruire dalla nostra infanzia fino alla vita adulta, sui quali poggia il senso di colpa.

Si è scritto molto su questa emozione senza però arrivare ad una definizione univoca. Ciò che è evidente e su cui tutti possiamo concordare è che il senso di colpa è un macigno che pesa sul nostro animo e ci impedisce di vivere  serenamente. Possiamo caricarci di questo peso in maniera consapevole o meno, ed è come se attivassimo un freno, un laccio che ci blocca al passato, a “ciò che è stato”, impedendoci di vivere il presente ed orientarci in maniera serena verso il futuro.

I sensi di colpa investono sia il nostro mondo interno, intaccando la nostra immagine ed il nostro valore personale, sia quello esterno, relazionale. In questo modo possono portarci a snaturarci, ad assumere comportamenti “obbligati”, a perdere di autenticità. Il senso di colpa, quando è negativo, agisce come un dittatore che ci impone di adempiere sempre ciò che è gusto a prescindere dal nostro benessere e a punirci quando non ci comportiamo come “si deve”.

Tutto ciò può portare ad un accumulo di tensione che può tradursi in:

  • un disturbo fisico o psichico se l’energia bloccata viene rivolta contro se stessi;
  • un’esplosione all’esterno, come la rabbia, portando conseguenze negative a livello relazionale.

E’ molto importante dunque imparare a riconoscere la presenza del senso di colpa, le circostanze che ne favoriscono l’insorgenza, e soprattutto indagare le origini. Essendo un’emozione che affonda le proprie radici nei primi anni di vita e che si basa su meccanismi appresi, possiamo disimparare tali meccanismi e sostituirli con nuove modalità più adattive.

FACCIAMO CHIAREZZA

Occorre però distinguere tra:

Senso di colpa come reazione solitamente proporzionate rispetto all’evento, che causa angoscia e frustrazione.

Coscienza di colpa come la consapevolezza dei propri errori. Sappiamo di essere stati la causa e abbiamo una possibilità di riparare.

Generalmente il senso di colpa nasce dalla trasgressione di una regola o di un divieto, e dunque ha un’importanza nel corso della storia dell’evoluzione dell’uomo in quanto essere sociale. Può assumere delle caratteristiche positive in quanto alcuni sensi di colpa possono essere considerati ragionevoli e necessari alla crescita della persona.

Es. se una persona arreca danno a qualcuno è importante che prenda coscienza del proprio errore per trovare il comportamento riparativo più adeguato.

Può infatti essere considerato come un abile strumento di contenimento sociale che rende cioè possibile la convivenza sociale; un questo caso possiamo parlare di senso di colpa sano con il compito di indurci a rispettare le regole esistenti e a non nuocere agli altri ed a punirci quando infrangiamo queste regole facendoci soffrire con i sensi di colpa. Ma il senso di colpa è anche altro…

I SENSI DI COLPA CHE NON CI AIUTANO A VIVERE

Tutti noi entriamo nella vita adulta con regole e valori ben saldi come l’obbedienza, la lealtà, l’altruismo, il sacrificio di sé… Queste regole e valori sono state influenzate dai nostri genitori, dalla società, dalla religione, dai media; generalmente le convinzioni su obblighi e doveri sono ragionevoli, a volte però è possibile sperimentare un disequilibrio tra le responsabilità verso noi stessi e gli obblighi che sentiamo verso gli altri. In questo caso finiamo con il sentirci schiacciati dal peso del senso di colpa.

A volte infatti possiamo leggere in maniera errata le conseguenze delle nostre azioni. Come un allarme di una macchina troppo sensibile che dovrebbe scattare per informarci di un crimine ed invece scatta ogni volta che un camion passa lì vicino, noi possiamo sentirci colpevoli anche quando non abbiamo commesso alcun errore oggettivo.

Es. sentirsi in colpa per non essere andati a trovare un genitore anziano in casa di riposo.

Questo tipo di senso di colpa si presenta in situazioni in cui crediamo di rendere infelici gli altri

Es. mio padre sarà triste se non vado a trovarlo

Il processo che porta ad un senso di colpa immeritato è il seguente:

  • io agisco
  • l’altro ci resta male
  • mi prendo tutta la responsabilità per lo stato d’animo dell’altra persona
  • mi sento colpevole
  • farò qualsiasi cosa per riparare per sentirmi meglio

Una delle paure più gradi dell’uomo è quella di non avere valore agli occhi degli altri, essere considerato in modo negativo, essere rifiutato o escluso. Questo ci fa riflettere su quanto sia importante l’immagino che gli altri hanno di noi e la colpa rappresenta una minaccia poiché in grado di intaccarla.

il senso di colpa è un emozione che ci logora, ci rende sciocchi, ci fa apparire inferiori agli occhi degli altri, consuma la nostra autostima e la sicurezza in noi stessi limitando le idee creative, i sentimenti e le nostre forze, determinando degli eterni perdenti.

Una volta comparsa l’emozione di colpa entriamo in una condizione di mancata percezione positiva di noi rimproverandoci di aver sbagliato in qualcosa o di aver mancato in qualcosa. I problemi possono insorgere in seguito ad una percezione sbagliata delle proprie condotte e degli effetti che hanno sugli altri. In questo modo il senso di colpa diverrà un fardello che andrà a compromettere il nostro benessere psicofisico. Nel senso di colpa patologico vi è infatti il pensiero che le nostre azioni hanno il potere di rendere gli altri felici o infelici. Senso di colpa e onnipotenza sono infatti strettamente legati e tale onnipotenza (“è tutta colpa mia!”) anche se provoca in noi uno stato di sofferenza, ci lascia anche la percezione di un grande potere. Occorre non dimenticare che quando ci colpevolizziamo ci carichiamo di responsabilità che non ci competono e questo ci permette di avere l’impressione di poter controllare ciò che accade… il senso di colpa in un certo senso di rassicura!

IL PESO DI ATLANTIDE

Molte persone sperimentano nella propria vita la spiacevole sensazione di sentire il peso del mondo sulle proprie spalle. Può essere una condizione transitoria o può rappresentare un modus operandi che ci porta a farci carico, in modo sistematico, del benessere, delle scelte e delle decisioni degli altri. Ci sentiamo quindi di avere grandi responsabilità nei nostri confronti e nei confronti degli altri come se da noi dipendesse il destino di molteplici situazioni (Sindrome di Atlantide).

Atlantide si ribella agli dei in quanto ritiene di aver subito un’ingiustizia, la distruzione della propria terra (la città di Atlantide), ingaggia una lotta che poi perderà.

Zeus (archetipo della figura paterna) lo punisce relegandolo nella condizione di supportare il peso del mondo sulle proprie spalle per espiare la propria colpa.

La sindrome di Atlantide si manifesta quando non riusciamo ad opporci a tutte quelle regole e divieti che abbiamo assimilato dai nostri genitori allontanandoci sempre più dai nostri bisogni mettendo invece in primo piano i bisogni dell’altro. Vi è dunque la paura del bambino che temendo di contrastare i propri genitori si punisce caricandosi del peso del mondo sulle sue spalle. Il pensiero disfunzionale è: se non faccio questa cosa allora lui non mi vorrà più bene!!!

In realtà, quello che entra in gioco nel senso di colpa è il legame che si è formato nel corso della nostra infanzia con il caregiver (figure di accudimento).

Se il bambino non ha fatto esperienza di una base sicura per lo sviluppo emotivo e psicologico, il legame con il caregiver sarà basato sull’incertezza e l’incoerenza che porteranno il bambino a sperimentare la paura della perdita dell’altro. tutto ciò spingerà a mettere in atto strategie per conservare i legame con il caregiver alimentando così i circuiti di attivazione del senso di colpa.

COSA FARE

In primo luogo, per non farci bloccare dai sensi di colpa è opportuno avere una percezione positiva di sé, migliorare la propria autostima sentendoci così meno minacciati dal giudizio degli altri. Inoltre è necessario rinunciare al sentimento di onnipotenza che, anche se ci fa percepire un grande potere genera sempre eccessiva sofferenza, cercando di ridistribuire in maniera appropriata le responsabilità.

Se la sofferenza generata dai sensi di colpa è molta, un ulteriore passo da compiere consiste nel riconoscere la presenza del senso di colpa, le circostanze che ne favoriscono l’insorgenza, e soprattutto indagare le origini e se ci sono eventuali paure immotivate e/o ritenute eccessive di perdita dell’ altro.

In tutti i casi, qualora i sensi di colpa inficino molto la qualità della vita è opportuno rivolgersi ad uno specialista che possa aiutarci nell’analizzare sentimenti ed emozioni importanti che sono alla base della nostra sofferenza imparando a rispettarci un po’ di più.